lunes, 30 de marzo de 2015

Santa Teresa d’Avila, l’umanissima dottora della Chiesa «gradita a tutti»


Cinquecento anni fa nasceva santa Teresa d’Avila, l’umanissima dottora della Chiesa «gradita a tutti». Scritto dalle carmelitane scalze di Bologna.


Ecco chi era quella donna ricca di umanità che ha vissuto in un mondo in fiamme. Ha lottato e lo ha cambiato.

Nel secolo XVI la Chiesa in Europa era in doloroso travaglio a causa della Riforma luterana. Ma il Signore che guida e custodisce il suo gregge suscitò santi, maestri e dottori affinché il suo cammino fosse illuminato dalla verità. 


Fra i grandi di quel secolo si distingue una donna: Teresa di Gesù, una monaca, nella quale Dio riversò con larghezza il Suo amore; una donna ricercatrice appassionata della Verità di Dio e della verità della creatura umana che si incontrano solo nella Misericordia che Teresa vorrà “cantare in eterno”.

Il mondo in cui nasce Teresa è un mondo in cambiamento: mentre la Chiesa si divide in differenti confessioni, si aprono nuovi orizzonti per l’esplorazione e l’evangelizzazione. La Spagna si avvia verso l’unificazione politica e territoriale di tutta la penisola iberica ed estende i suoi domini ben oltre i propri confini territoriali. 

Il 28 marzo 1515, nasce ad Avila, nel cuore della Castiglia, Teresa Sánchez de Cepeda y Ahumada, in una famiglia benestante e numerosa. I suoi fratelli saranno tra le schiere di coloro che attraversano l’Atlantico in cerca di fortuna, spinti da ideali di gloria e di ricchezza… con qualche venatura di fede.

Quarantasette anni più tardi, raccontando la sua vita a uno dei suoi direttori spirituali, Teresa dirà di essere stata molto amata in famiglia, così come nell’educandato e più tardi nel monastero: «Perché Dio mi aveva dato la grazia di riuscire sempre gradita, dovunque mi trovassi, e così ero molto amata» (Vita 2,8). 

Il 2 novembre 1536 Teresa lascia la casa paterna per entrare nel monastero dell’Incarnazione della sua città natale: un monastero fondato nello stesso anno della sua nascita, innestato sull’antico ceppo dell’Ordine Carmelitano che contava già più di trecento anni di vita. «Quando uscii dalla casa di mio padre provai tanto dolore che non credo di sentirlo maggiore in punto di morte…».

Ma dirà anche che da quando ricevette l’abito fu «così felice di aver abbracciato la vita monastica che tale gioia non mi è venuta mai meno fino ad oggi». (Vita, 4,2). Dopo i primi anni, Teresa attraverso intense sofferenze fisiche e una altrettanto impegnativa introduzione alla vita di preghiera, viene condotta a una relazione sempre più viva con Dio. 

Il suo cammino è fatto di lotte, di cadute e di riprese mentre le sue esperienze spirituali si vanno facendo più profonde e totalizzanti.

Teresa comprende in modo vivo che Cristo Gesù, Uomo e Dio, nel mistero stesso della sua “Sacratissima Umanità” è il centro e l’unico mezzo per accedere alla comunione con Dio. 

Possiamo dire che Dio Padre si servì del genio femminile di Teresa per ripresentare alla Chiesa e al mondo la “via regale” costituita da suo Figlio Cristo Gesù. Infatti, si servì di questa donna, in un’epoca in cui le donne non avevano voce nella Chiesa e nella società e per lo più restavano relegate nella cerchia familiare, per proporre un modo di andare a Dio fondato su una relazione di “amicizia”. 

Questa donna ricca di umanità, capace di dialogo, di rapporti, di “amicizia” diventa maestra di preghiera e di vita precisamente attraverso questa forma di relazione con l’Altro e con gli altri.

Nel suo «trattare con Dio» ritrova i fratelli, le sorelle, i sacerdoti e «dotti teologi», raggiunge i missionari che nelle Indie portano la Croce agli infedeli, abbraccia la Chiesa intera, tutti gli interessi del suo Sposo. 

Teresa, che definisce la preghiera come un trattare con Dio con amicizia, sapendosi da Lui amati, quando il Signore le chiederà di fondare comunità piccole, a somiglianza del «piccolo collegio di Cristo» dove Egli possa essere amato e «trovare le sue delizie», chiederà alle sorelle lì riunite che si amino le une le altre come vere amiche e che, come lei, portino nel cuore i grandi interessi della salvezza delle anime attraverso la preghiera liturgica e contemplativa. 

Mentre intorno a lei il mondo è in fiamme, Teresa fa il «poco che è alla sua portata», dando vita a una nuova forma di sequela di Cristo, in piccoli gruppi fraterni, che con uno stile di vita austero e sobrio, in una povertà laboriosa, vivono gioiosamente una evangelica uguaglianza, contestando silenziosamente una società che poggia sul prestigio, “la honra”, e la ricchezza.

Quando Teresa di Gesù, giunta alla sua maturità umana e spirituale, dopo le esperienze mistiche più elevate, mise per iscritto la sua esperienza (la sua Autobiografia, il Cammino di perfezione, il Castello interiore, le Fondazioni, le Esclamazioni, l’Epistolario e altre opere cosiddette minori), il suo magistero varcò i confini della clausura delle sue comunità. 

Con il suo garbo e la sua capacità relazionale, ancora oggi i suoi scritti hanno il sapore del dialogo, della confidenza fatta da cuore a cuore. Tutti i suoi scritti sono rivolti a qualcuno o a Qualcuno, tutti hanno il sigillo di autenticità del vissuto, tutti traboccano l’amore teologale che ha nutrito e trasformato Teresa in un’amante appassionata.

Il cammino interiore di ricerca di Teresa divenne modello e guida per le sorelle che ella riunì nei 17 monasteri di monache e nei diversi conventi di frati da lei fondati, per le numerose comunità sorte in tutto il mondo dalla sua morte fino ad oggi, e in tutte le persone che si dedicano alla preghiera.

Donna aperta a tutte le problematiche del suo tempo, esperta consigliera, attenta ascoltatrice, spontanea, amabile, arguta e profonda, ancora oggi, nel suo 500esimo compleanno, ha il dono di piacere. 

Sono molti quelli che possono chiamarla “Madre” perché la riconoscono come generatrice di vita nello Spirito, Maestra e Dottore nella Chiesa di Dio, generosa donatrice dei doni ricevuti. 

Quando le fu detto che era vicino il passaggio alla vita eterna esclamò: «Finalmente è giunta l’ora di vederci… Infine, sono figlia della Chiesa!», quasi a prendere la Chiesa quale garante della sua vita.

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